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  • Angelo Paderni

Leggende e storie antiche “La statua della Madonna dell'abito nel solaio del marchese del castello"


Dalla pagina Facebook "Passirano chi, cosa e quando" di Angelo Paderni


“Nel Medioevo, a Passirano, in un ben munito castello che sorgeva nella parte più elevata del paese, abitava un marchese, di cui la leggenda ed anche la tradizione non ricordano il norne. Molte guardie lo vigilavano giorno e notte e dalle torri che svettavano ai quattro angoli della costruzione si conduceva vita splendida. Un nuvolo di servi e di donzelle erano al servizio del nobile e della sua famiglia e almeno un paio di volte alla settimana, accorrevano dai dintorni i castellani ai banchetti che s'imbandivano sontuosamente con rari cibi che si succedevano in portate che non finivano mai. Però il marchese era d’animo generoso anche verso i poveri che, all'ora dei pasti, affollavano la soglia del castello, tenendo in mano una ciotola di terracotta, ove il padrone stesso deponeva la minestra con un mestolo e consegnava un pane a ciascun povero. La nobile dimora era disseminata di immagini sacre che dicevano l'amore del marchese verso la religione cristiana. Alla sera, verso il crepuscolo, radunava servi e guardie libere dai servizi, nella cappella e con loro pregava fervidamente.

foto Angelo Paderni

I due servi che avevano l'incarico di pulire il solaio ogni mattina, scorsero in un angolo il busto di una Madonna. Lo ripulirono con cura e lo coprirono con un velo per evitare che la polvere lo deturpasse. Il giorno appresso, saliti lassù per la solita faccenda, con sorpresa trovarono il busto della Madonna nel centro del solaio. Chi aveva potuto spostarlo?

Nessuno fuorché essi che, soli, avevano le chiavi per poter accedere al solaio. I servi informarono il marchese dell’insolito avvenimento, di quella specie di miracolo, ma il nobile signore non volle prestar fede “Domani mattina, alla solita vostra ora, salirò sul solaio e verificherò se mi avete contato delle fandonie” aggiunse con parole ferme e decise. Bisogna ricordare che i servi avevano lasciato il busto sacro nel bel mezzo del solaio.

Infatti, la mattina seguente, il marchese salì sul solaio insieme con i due servi e trovò il busto nell'angolo. Egli capi che un segno soprannaturale si era verificato nella sua casa. Ordinò quindi ai due servi di condurre a Brescia il simulacro per farlo restaurare completamente da un valente artista. Quando l’opera fu compiuta, il busto fu esposto in una vetrina. Era davvero riuscito meraviglioso: il viso della Vergine, i suoi occhi, il portamento erano senza dubbio qualcosa di celestiale. Tutti i passanti si fermavano ad ammirare quell’immagine che tanta devozione e fiducia ispirava.

Una volta si fermò a pregarla uno sciancato, il quale immediatamente si raddrizzò; un sordo riacquistò l'udito; un cieco d'ambo gli occhi rivide la luce del sole; un malvagio si convertì; un ladro restituì il malloppo. I miracoli si succedevano di ora in ora, di minuto in minuto. Una folla di miseri nell’anima e nel corpo accorrevano continuamente a chiedere grazie al simulacro. Saputo ciò il marchese, si recò frettolosamente a Brescia a ritirarlo, sborsando naturalmente il prezzo del restauro, ma la gente di Brescia non volle restituirlo. Molti energumeni si posero di guardia davanti alla vetrina per impedire il ritorno della sacra immagine a Passirano. Ma gli abitanti di questo paese pensarono di far valere i propri diritti ed un giorno, armati di zappe, di forche, bastoni e di pezzi di ferro, irruppero numerosi in città, propriamente nel luogo in cui con dolce sorriso la Madonna spargeva grazie su tutti coloro che l'invocavano. Poiché i Passiranesi erano dalla parte della ragione, la Madonna non volle che avesse luogo una carneficina per causa sua. Gli energumeni si sentirono disarmati, gli altri abitanti che non volevano lasciar tornare il simulacro nel luogo da dove era partito, si sentirono paralizzati al punto che non poterono muovere un dito. Così il santo busto tornò trionfalmente a Passirano, accolto con feste e luminarie serali e collocato nella cappella del castello che divenne meta di continui pellegrinaggi, accompagnati da guarigioni strepitose. Anche il figlio del marchese, ammalato quasi dall’infanzia, guarì improvvisamente, mentre il busto della Madonna faceva il suo ingresso nel castello. Alzatosi dal letto dove giaceva da tanti anni, si presentò ai genitori che stavano nella cucina conversando sull’avvenimento miracoloso del giorno. Nel vedere il giovinetto accorrere ad abbracciarli con il volto non più bianco come la neve, ma colorito come una pesca matura, balzarono in piedi dalla gioia che traboccava dal loro cuore e, unendo alle lacrime di felicita i più lieti sorrisi di soddisfazione, s'affrettarono alla cappella a ringraziare la Vergine Maria che aveva avuto pietà del marchesino tanto ammalato e risanato per sua intercessione. II simulacro non fu conservato nella cappella del maniero, ma il marchese volle che fosse portato solennemente in una chiesetta situata in mezzo ai campi; anzi volle avere l'onore di portarlo lui in persona, seguito da sacerdoti e fedeli che inneggiavano a Maria, benedicendola riconoscenti delle grazie che continuava ad elargire al suo popolo fedele. Dacché la sacra immagine fu collocata nella mistica chiesetta, la campagna incominciò a dare frutti abbondanti; le collere della natura come gli uragani e la grandine furono rintuzzate quasi sempre dall’intervento della Vergine per tanto tempo e forse anche ora , sebbene siano passati tanti anni e la devozione al simulacro sia alquanto tramontata. Penso però che la chiesetta esista ancora con la sua Madonna e che quindi si possa visitare con fiducia di ottenere ancora tante grazie. ”

Questa leggenda fu scritta da un certo Osvaldo Galelli e riportata tra tante altre leggende bresciane nel libro “Il sasso del cane” di Bianchi Giacomo edito nel 1970.


La Madonna dell'Abito fu venerata fino ai primi anni del '900 nella chiesetta della Maternità, poi venne ceduta dal parroco a una devota che aveva avuto una guarigione in famiglia, da allora si trova in una in casa privata.

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