di Mino Botti
Nella primavera del 1963 una famiglia di mantovani, composta dal padre Ermes Sarzola, dalla madre Alba Tognetti, le figlie Marziella e Mara, rilevano sul lungolago Marconi di Iseo il "Louis Bar" Sito tra due studi fotografici e di fronte al pennone dove è stata issata la bandiera, simbolo del paese.
Dopo una breve ristrutturazione venne riaperto con il nome di "Alba Bar".
Quegli anni sul lungolago Marconi l'offerta di strutture ricettive turistiche terminava con quel bar, ritrovo di adolescenti e non.
Oltre vi era una piccola locanda, inserita tra abitazioni private e la vecchia filanda, dove era ubicata la fabbrica "Larocchi", conosciuta da tutti gli iseani con il nome del direttore Nespola.
Più avanti, dopo la muraglia delle Canossiane, confinato come in una periferia, c'era il Lido del Platani, che viveva la sua storia staccata dal resto della comunità.
L'Alba bar è stato, nel bene e nel male, il primo bar dove si svolgeva la "movida"; un nome che in quegli anni creava non pochi problemi di ordine pubblico ai comuni, che dagli anni del boom economico si erano lanciati nel settore turistico del divertimento.
L'Alba bar lo possiamo portare a simbolo di questo mondo che ci stava trasportando, pieno di controversie, tra novità e tradizione, tra rumore e quiete, cose che tutti oggi leggono sui giornali.
Per la prima volta in un bar nasce una generazione di giovano locali. Arrivano al bar le prime vespe e le prime cinquecento, pronte a muoversi in serata verso nuovi lidi e nuovi amori. In fondo il massimo della trasgressione consentita era il volume del juke-box e qualche innocua goliardata.
Una domenica estiva fece ingresso al bar una adolescente molto appariscente, con una pelliccia di lince e pettinatura elaborata, accompagnata da un bel giovanotto. Tutti si girarono e non si sentì una mosca volare; improvvisamente un amico si alzò e disse "è la Patty Pravo, la cantante!!" e il suo amico era Riccardo Fogli dei Pooh.
Una calda domenica d'estate , appollaiati come piccioni sulla ringhiera del lungogolago, ci balenò un'idea: perché non buttiamo a lago qualche passante? Detto fatto, ci organizzammo per individuare le probabili prede.
Tolto loro, il portafoglio, l'orologio, scarpe ed eventuali chiavi della macchina, e chiesto se sapessero nuotare, venivano gettati vestiti in acqua. Si prendevano di mira le coppie di fidanzati per vedere la reazione della ragazza. Una signorina, a cui era stato strappato l'amico, cominciò ad inveire e ad apostrofarci con parole offensive; fu subito tacitata facendole presente che se non la smetteva di urlare, avremmo gettato anche lei nel lago. Che spasso ragazzi! Questo divertimento continuò per molte domeniche ed essendosi sparsa la voce, i gitanti per non incorrere in questo inconveniente, saltavano la porzione di lungolago antistante il bar e transitavano nella via parallela.....
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